quarta-feira, 4 de janeiro de 2012

IL ROMANO




I ricordi risalgono ad anni fa, quando ero piccola, molto piccola.

Il Romano rappresentava nella nostra famiglia, come in molte altre famiglie nella citta’ in cui sono nata, un’istituzione, una certezza, la fonte della conoscenza che avrebbe salvato tutti da qualsiasi male e malattia.

Il Romano, cosi lo hanno sempre chiamato tutti. Il dottore di famiglia, della mia come di altre, e’ sempre stato insostituibile. Nessun dottore lo ha mai superato in saggezza e conoscenza medica.

Ricordo nei tempi bui vissuti da mia mamma, dopo la morte del nonno: il Romano e’ stato la sua salvezza. Eppure ero cosi’ piccola, ma ho stampato la sua immagine nella mia testa sin da qualndo avevo solo pochi anni, uno o due al massimo.

Con il passare del tempo, i ricordi del Romano si sono legati alle file immense che bisognava fare, seduti nel suo studio medico per essere ricevuti, come da un santo. “Dai sbrigati Tina, senno’ dal Romano si fa una fila enorme e non ne usciamo prima che faccia notte”. Ed era vero. Attendevamo ore e ore per essere ricevuti e guariti da piccole, grandi malattie. Penso che per lui in realta’ fossero sempre tutte piccole malattie, perche’ come d’un tratto, dopo essere stati ricevuti, mia mamma si rilassava, sorrisi facevano spazio e occupavano facce che fino a pochi minuti prima erano terrorizzate. E solo per aver visto il Romano.

Ricordo ancora gli elogi che venivano fatti da tutti nella sala d’attesa. Tutti lo ammiravano, il Romano. Non ho mai ascoltato, in tutte quelle file che disperatamente mia mamma mi forzava a fare, nessuna critica.

Lui, seduto dietro quella scrivania di legno duro, con i suoi occhiali che metteva e toglieva dagli occhi, ascoltava racconti con una tranquillita’ e calma spaventosa.

Mia mamma poi, doveva raccontare gli ultimi avvenimenti che riguardavano la salute di tutti i membri della famiglia che lui conosceva: la nonna, gli zii, il marito, nonche’ mio padre, anche che lui non ci andava quasi mai, poi Nunzia, mia sorella…

Insomma una trafila fino all’oggetto della visita del giorno. C’era sempre qualcosa che non andava: la pancia, la testa, gli occhi, le mestruazioni, la depressione; lui era il guaritore di qualsiasi malattia e sintomo.

Ascoltava, alscoltava, faceva sfogare le preoccupazioni accumulate tra le mura domestiche e ripeteva “Grazia, non ti preoccupare: prendi questo e questo e tutto passa”. Non ricordo che desse molte medicine, molte volte consigliava dei rimedi naturali e alla fine la parola magica, “stai traquilla e tutto passa”. Le parole magiche.

Io a parte le attese che non sopporto neanche ora, mi piaceva entrare dal Romano, sedermi su quella sedia enorme, ascoltare la ramanzina di mia madre, guardarlo immerso nei suoi libri, tanti libri: mi hanno inspirato quelle visite, li' ho maturato l’amore per la conoscenza. Li ho deciso che un giorno avrei letto anche io tanti libri e li avrei posseduti nella mia anima, quegli stessi libri che sarebbero diventati lezioni di vita.

Mia mamma usciva da quella piccola stanza come rinata, di nuovo con la speranza che ora stava bene e poteva ritornare a vivere tranquilla fino alla prossima visita.

Ricordo anche quando andavamo in campagna si parlava del Romano con i vicini, il loro medico di famiglia. Che uomo, che dotto. Io me lo ricordo gia’ vecchio, chissa ora come e’ il Romano. Mamma dice che lavora ancora. Certo, un santo lavora sino alla fine per consegnare il suo messaggio di pace e tranquillita’.

Il Romano non era un’instiuzione solo ad Andria, la citta’ in cui sono nata, ha anche superato confini geografici. Quando abbiamo dovuto trasferirci in un’altra citta’ non era neanche stato oggetto di discussione, il cambiamento del medico, chiaro! Il Romano ha continuato ad essere il nostro medico anche quando abitavamo in un’altra citta’. Ricordo pomeriggi freddi d’inverno: mia madre ci imbacuccava, me e mia sorella e in macchina percorrevamo trenta kilometri per andare dal Romano. Ora, quando devo farne uno mi sento gia male, immaginate! E li’ la solita trafila, lunghe attese, fino alla redenzione!

Il colpo piu’ grave e’ stato inferto a mia madre quando si e’ trasferita per seguire mio padre, nelle Marche. Il primo argomento da affrontare e’ stato “ E mo’ il medico?” Tutti eravamo preoccupati al pensiero di avere il Romano lontano, cosi’ lontano. Mia madre se lo sarebbe messo in tasca e portato con lei se avesse potuto.
A parte i primi tempi di sofferenza, il Romano e’ ora contattato in casi di estrema gravita’ perche’ solo lui puo’ capire e salvare. Tutti gli altri medici sono sempre stati medici di seconda categoria. Figurati, nessuno ha mai messo in dubbio il suo potere medico e mediatico.

E quando alcune settimane fa sono stata dal medico, un medico che ha dovuto leggere al computer i sintomi del mio disturbo, senza libri attorno, ma solo un computer,di fronte ad una scrivania bianca super luccicante e non quella di legno che odorava del Romano, con i suoi libri sparsi per tutta la stanza.

Seduta su quella fredda sedia, questo medico neanche mi guardava, figurati ascoltare; tanti quadri al muro che ostentavano la sua educazione, i suoi vari corsi, mentre dal Romano c’era solo una grande pergamena nella parete al lato della sua scrivania, quella della sua laurea, incorniciata in una massiccia cornice di legno.

Seduta in quella fredda stanza mi e’ venuta nostalgia del Romano e ho finalmente capito perche’ mia mamma non ha mai smesso di andare dal Romano.

Il Romano non era un medico a cui pagavi la visita e andavi a casa. Il Romano era il salvatore, il santo, l’amico, il confidente, il padre, il medico, l’uomo dotto e umano che ti redimeva l’anima, il cuore e la mente.

E tornavi a casa rinato.

Al Romano, a quanto ha inspirato, alla conoscenza, all’umanita’ di una vita.

GRAZIE

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