segunda-feira, 12 de dezembro de 2011

C'era una volta la casa famiglia Ndangwini!




C’era una volta in Mozambico una casa famiglia...
Credere nelle favole non e’ cosa da piccoli, anche i grandi dovrebbero farlo, perche’ le favole esistono davvero.
Alle periferia della citta’ di Maputo, Pavarotti, Ermelinda, Junior, Luis, Mario, Lidia, Esmeralda, Albertina e altri vivono non in una semplice casa, ma nella casa famiglia Ndangwini. Perche’ l’infanzia sia vissuta da tutti i bambini, proprio tutti.
Ho conosciuto Papa’ Stefano e Mamma Ivete alcuni anni fa grazie ad un amico il quale in uno dei suoi fine settimana nella capitale del Paese mi aveva invitata a visitare questa favola che per me, da allora, si e’ trasformata in realta’.
Succede nel corso della vita di incontrare persone che si considerano particolari, pure e ispiratrici. I Ndangwini fanno parte di questa tribu’.
Quando abitavo a Maputo avevo preso l’abitudine di passare a visitarli alcune Domeniche. Prendevo il chapa, lasciavo la grande e caotica citta’, attraversavo le strade affollate per la maggiorparte da uomini, donne e bambini che che si recavano a messa, passavo la grande discarica di Maputo, la rotonda Magoanine e mi tuffavo nella tranquillita’ di una casa, di una vera famiglia. Una mamma, un papa’, le figlie grandi ad aiutare a cucinare e i piu’ piccoli a giocare.
E chi abita fuori dall’ambiente familiare da molto tempo, puo’ capire cosa significhi passare una Domenica in famiglia e se poi si tratta dei Ndangwini, allora ci si sente fortunati.
Perche’ nelle sfortune che ci accadono nella vita possono seguire delle grandi fortune, cosi’ come e’ successo ai figli di questa famiglia. Essere amati e crescere in un ambiente sano, di pace e tranquillita’ come tutti i bambini dovrebbero.
Alcuni dei figli dei Ndangwini vivono nella casa a tempo pieno, altri vi trascorrono solo le giornate e tornano a casa la sera, altri ancora ritornano dai loro genitori dopo un periodo nella Ndangwini. Ma tutti sono ben accolti. Piccoli come grandi.
La Ndangwini e’ una realta’ Mozambicana non legalmente riconosciuta dalla legislazione del Paese; e’ una realta’ situata nel mezzo tra orfanotrofi e la strada dei bimbi senza una famiglia che si prenda cura di loro. La Ndangwini non e’ ne’ l’uno ne’ l’altra. La Ndangwini e’ una vera famiglia.
Per molti la Ndangwini e’ solo una favola ; per me e altri la nostra famiglia. Quando sono dai Ndangwini mi sento a casa tra il ruolo di madre e figlia, di studente e insegnante, di piccola e adulta.
La complicita’ di una coppia come Mae Ivete e Pae Stefano, l’equilibrio tra un uomo e una donna, tra un mondo occidentale e africano, tra l’Italia e il Mozambico. L’intesa tra la forza e la perseveranza di una donna e la dolcezza e la comprensione di un uomo. Nel contesto duro e allo stesso tempo vivo, creativo e vitale del mondo mozambicano, Ivete e Stefano hanno creato la Ndangwini.
E oggi, che non abito piu’ a Maputo, quando faccio ritorno a casa, cosi’ considero il Mozambico, una delle visite inderogabili e’ quella dai Ndangwini.
In questo mese trascorso in Mozambico per la mia ricerca sulle condizioni di detenzione e l’accesso all’assistenza legale in due prigioni di Maputo, era importante per me visitare i Ndangwini.
Una Domenica mattina, prendo il chapa da Ponto Final sull’Avenida Mondlane. Non chiedo la destinazione finale, il cobrador (colui che prende i soldi prima dell’uscita dal chapa) mi dice che passa per Magoanine. Passiamo Shoprite, l’areoporto, la discarica e la rotonda di Magoanine. Non va a Magoanine CMC, me ne accorgo tardi. Mi tocca scendere e farmi un bel pezzo a piedi. Perche’ no, in realta’ e’ bello vedere la realta’ che ci circonda camminando. E’ un modo per pensare, riflettere e capire meglio le differenze e le somiglianze.
Stefano viene a prendermi con il furgoncino blu. Lo vedo da lontano. Con lui le piccole Esmeralda e Ermelinda. Mi osservano bene: notano subito una grande borsa. Arriviamo in casa e subito trasmettono agli altri che la zia Tina e’ arrivata con tanti regali. Chiacchiero con Stefano in giardino in attesa di mae Ivete, Pavarotti che non ho ancora conosciuto e Luis che e’ in giro. Le ragazze piu’ grandi, c’e’ anche Lidia tornata dall’Isola Inhaca dove insegna come maestra in una scuola elementare, stanno preparando da mangiare. Finalmente arrivano tutti gli altri. Pavarotti e’ stupendo, ha gli occhi vispi e vivaci. Pranziamo tutti insieme. I bimbi vogliono vedere i regali portati. E poi il pomeriggio a giocare.
Torno a casa con la pace nel cuore.
Parlo con Goncalo: sarebbe bello organizzare qualcosa con i bimbi nella sua casa. Goncalo decide che il compleanno di Mana puo’ essere l’occasione giusta per i bimbi. Conoscere l’artista plastico Goncalo Mabunda, entrare nella sua casa, osservare le sue opere e il luogo dove le armi vengono trasformate in opere d’arte vendute in tutto il mondo.
Che bello vederli arrivare quasi tutti. Sono felicissimi e entusiasmati.
Osservano le opere di Goncalo con occhi interessati, curiosi e i grandi piu’ critici. Ma tutti vogliono giocare. C’e’ anche Ze Maria con i suoi figli, una betteria, un saxofono e due jambe’. Tutti proveranno a suonare uno degli strumenti musicali: anche il piccolo Pavarotti. Festeggiano il compleanno di Mana.
Prima di tornare a casa, Goncalo coglie l’occasione per offire dei libri che gli sono stati donati in Portogallo.
I Ndangwini tornano a casa, saranno stanchi pensando a quanto si siano divertiti.
Si addormenteranno pensando al bellissimo pomeriggio trascorso.

Grazie Ndangwini!

Tina Lorizzo

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